Sep 21, 2006

L’archeologia Negli Spazi Urbani. Il Caso Siracusa.

« A New York abitai per un periodo in un appartamento con vista sul Central Park. Tutte le volte che uscivo dal palazzo vedevo davanti a me un grande macigno di roccia, ai margini del parco, che a seconda del tempo cambiava colore. Era un frammento dello strato di granito su cui è costruita l'intera città. Ogni volta che gettavo uno sguardo sul masso ne traevo una sensazione di equilibrio: era molto più antico della città intorno a me, era robusto e mi dava sicurezza perché stranamente mi sentivo legato a lui. Ricordo una volta di avergli rivolto un sorriso, come a un amico: irradiava su di me una sorta di quiete, mi rendeva più calmo. La città in cui ora vivo [Berlino] poggia su un vastissimo strato di sabbia, dal colore molto chiaro; e di tanto in tanto la si vede, sia pur in un cantiere. Anche questa sabbia risveglia in me un senso di comunanza, addirittura di sicurezza, perché mi indica il luogo in cui mi trovo. Ovviamente anche gli edifici lo fanno, ma in maniera diversa. […]. Tokyo, contrariamente a ciò che sostengono molti, e a mio avviso una città aperta; che offre qualcosa, non ruba soltanto. Ammetto che abbia una spiccata tendenza a frastornare e ad assalire i suoi cittadini. Ma stranamente, dietro ogni angolo di strada si può scoprire uno spazio verde; dalla giungla roboante si passa a zone calme, delicate, pacifiche. Dietro ogni grattacielo si nascondono viali alberati con file di case basse, giardini, uccelli, gatti, insomma pace. Oppure si scopre un cimitero che, diversamente da quelli europei o americani, è un luogo abitato, vivo. O un tempio che, contrariamente alle chiese che conosciamo noi, è molto accogliente e non ti fa sentire un intruso se non sei credente. Tokyo e un sistema di isole. Ovviamente, queste isole dovrebbero essere conservate, e stanno via via scomparendo. Come ho già detto, tutto ciò che è piccolo scompare. ». [Wim Wenders, L’atto di vedere - The Act of Seeing, Ubulibri, Milano 1992].

Siracusa è sicuramente lontana dalla realtà di New York, di Berlino o di Tokio nelle immagini che ne da Wenders. Volendo fare, però, una trasposizione, riconosciamo il grande macigno di roccia, lo strato di sabbia o ancora il sistema di isole nello strato archeologico della città di Siracusa.

La presenza archeologica, come un layer nascosto, riemerge in modo puntuale sul nostro tessuto cittadino, creando così quel vuoto urbano, quella zona di confine tra il substrato antico, di pietra, e la nostra presenza, d’asfalto e cemento. Tracce di architetture passate si confrontano con le altre, ad esse imposte, dando forma, insieme, all’odierno paesaggio urbano. Un palinsesto. Siracusa è forse l’unica città al mondo a presentare una tale sovrapposizione di testimonianze culturali, un insieme di segni presenti da tre millenni. Per questo il riconoscimento dell’Unesco come patrimonio dell’umanità.

Il nostro appare, quindi, come un territorio frammentario, caricato di forte valore simbolico ma anche residuo, indeciso, sospeso. Siracusa è tanto unica quanto controversa e indefinita. Questa ha un rapporto contraddittorio nei confronti dell’oggetto archeologico. Da una parte ne sfrutta l’immagine, quella più commerciale, per il turista “della bella stagione”. Dall’altra lo violenta, lo estrania, rendendolo incomprensibile e quasi scomodo al cittadino ormai indifferente. Siamo forse tutti un po’ osservatori indifferenti, attori passivi di fronte queste sequenze urbane. Ormai ciechi davanti un’illustre quanto singolare città, fatta di differenze, dissonanze, contrasti.

Allora un invito a rivolgere un sorriso al macigno di roccia davanti a noi, simbolo di quella assenza presente del nostro passato, a cercare nella sabbia quel senso di comunanza e sicurezza che ci trasferisce il luogo in cui viviamo, a ritrovare quei luoghi, quel sistema di isole, che custodiscono la memoria, l’identità. Uno spunto per innescare un processo di partecipazione, di rivisitazione e riappropriazione della testimonianza archeologica, per comprendere la realtà urbana dal suo passato. Un modo per far rivivere il bene archeologico nell’uso collettivo (che non sia solo quello turistico), magari (re)interpretando la sua presenza all’interno della città.

Jan 5, 2006

Rassegna cinematografica "L'Altra Città"

I recenti scontri di Parigi hanno risollevato, sul finire dello scorso anno, il dibattito sulle periferie urbane, con eco diffusa in tutta Europa. Il problema, in realtà, esiste già da molto tempo, a Parigi come altrove ed è probabilmente da ricondurre all’anonimato e all’isolamento indotto da scelte sociali, economiche e di profitto che la crescita incontrollata postbellica e la contrapposizione delle ideologie hanno generato. Presentando la rassegna cinematografica “L’Altra Città” vogliamo indagare su tutto questo, anche perché, oggi, diventa sempre più difficile riuscire a dare una precisa definizione delle nostre periferie e tracciarne confini veri e propri.

Gli avvenimenti di Parigi, dunque, sono il pretesto per sondare la problematica attraverso cinque casi studio differenti. Berlino, Londra, Mosca, Parigi, Napoli, diventano così testimoni di una comune realtà di degrado, di sfiducia e di contrasto ma trascinano con loro differenti scenari storici, economici e sociali; a Berlino “l’improvvisa” caduta del Muro, a Londra la crisi economica, a Mosca la fine di una struttura socio-politica quasi centenaria, a Parigi il retaggio dell’immigrazione, a Napoli la speculazione edilizia e l’abusivismo.

Cinque casi studio per riflettere. Per riflettere sul ruolo del progettista e sul ruolo delle istituzioni. Per capire quali altre forze possano operare in sinergia per rendere quest’Altra, finalmente, Città.


Giovedì 12 gennaio si terrà presso la Sala conferenze di Palazzo Impellizzeri a Siracusa la prima delle cinque proiezioni, che si succederanno settimanalmente (ogni giovedì) fino al 9 febbraio.
Tutte le proiezioni saranno introdotte da alcuni docenti del Dipartimento di Urbanistica della Facoltà di Architettura di Siracusa ad esclusione del primo incontro (Berlino – Good bye, Lenin!) introdotto dal Prof. Andrea Maglio, docente del Corso di Storia dell’Architettura Contemporanea ed autore del testo “Berlino prima del muro. La ricostruzione negli anni 1945-1961”.

Per gli studenti, inoltre, sono state compilate (scandagliando il web) alcune schede di supporto alle proiezioni. Divise in tre categorie (Il contesto - Il regista - Il film), non vogliono avere la pretesa di un approfondimento ma vogliono provare a rendere più semplice la comprensione di alcuni concetti. È possibile scaricare e stampare tutte le schede.

12/01 - Good-bye, Lenin!
introduce prof. A. Maglio

19/01 - Riff Raff
introduce prof. F. Martinico

26/01 - Taxi Blues
introduce prof. S. Munarin

02/02 - L'Odio
introduce prof. F. C. Nigrelli

09/02 - L'Imbalsamatore
lettura passo da "L'Italia maltrattata"
di F. Erbani e conclusioni


Curated by Antonio Maria Privitera
Graphic design by Dimitri Vassili Liakatas
Lights by Sebastiano Orazio Campione and Danilo Grasso